"Abbiamo detto NO ad un Federalismo FASULLO"
Posted On martedì 7 aprile 2009 at alle martedì, aprile 07, 2009 by Simone Mencattini
SIAMO FEDERALISTI
L'UDC vuole un federalismo vero, che garantisce da una parte l'unità della Repubblica e la solidarietà nazionale, dall'altra l'autonomia, il decentramento e la responsabilità dei diversi livelli di governo in base al principio di sussidiarietà.
La maggioranza vende un finto federalismo fiscale che non serve a contenere e a razionalizzare la spesa pubblica, divide e discrimina.
UN ERRORE DI METODO
Occorre prima definire con chiarezza "chi fa cosa, come deve essere fatto e quanto costa farlo". E' infatti possibile immaginare un nuovo modello di finanziamento di regioni ed enti locali, come previsto dal governo, senza aver prima fissato le competenze dello Stato, delle Regioni (comprese quelle a statuto speciale), delle province (ma non dovevano essere soppresse!?), delle città metropolitane e dei comuni?
Sarebbe stato doveroso far precedere l'esame del federalismo fiscale dalla approvazione della Carta delle Autonomie: la mancata definizione del quadro istituzionale impedisce di stabilire quali siano le funzioni amministrative assegnate ai diversi livelli di governo e, quindi, rende pressoché impossibile definire il relativo finanziamento.
FUNZIONI DECENTRATE
E' Necessario individuare precisamente quali siano le funzioni fondamentali degli enti locali, quali i livelli essenziali delle prestazioni per le regioni, quali le altre funzioni, da cui conseguono le diverse modalità di finanziamento ed il meccanismo della perequazione.
IL MIRACOLO DEL COSTO STANDARD
Siamo d'accordo sull'abbandono del criterio della spesa storica per finanziare gli enti locali e sulla sostituzione con il costo standard. Il provvedimento, però, NON indica quali siano i parametri per ricavarlo, come rendere omogenei i bilanci degli enti locali, come valutare le attività esternizzate.
Lo sbandierato abbandono della "finanza derivata" ripropone in realtà uno schema per cui tutti i tributi transitano comunque dal centro prima di far ritorno in periferia. L'autonomia di entrata e di spesa enfatizzata dal provvedimento rischia, infatti di essere compromessa dall'impiego delle compartecipazioni anziché delle quote e aliquote riservate sulla base imponibile dei tributi erariali, il che accresce e non diminuisce il potere dello Stato.
NON ESISTE FEDERALISMO A COSTO ZERO
Nonostante una clausola che dice che il federalismi fiscale non avrà ricadute sui saldi di finanza pubblica, in realtà nessuno, a cominciare dal Ministro dell'economia e delle finanze, sa quantificare gli eventuali costi del provvedimento.
Quello che è certo è che finanziare funzioni amministrative senza prima averle individuate e quindi senza sapere quanto costano, produrrà un aumento dei centri di spesa e della pressione fiscale.Si attribuisce, inoltre, alle Regioni e agli enti locali il patrimonio immobiliare statale, dimenticando di averlo già ipotecato a garanzia del debito pubblico che, viceversa, rimarrà tutto a carico dello Stato.
IL PARLAMENTO SPOGLIATO
La riforma si fa con una delega al Governo che taglia fuori il Parlamento dalla cabina di regia dell'attuazione della riforma. Parlamento, Conferenza Stato e Autonomie continuano a viaggiare su corsie separate.
Si propone un congegno ad "alta complessità istituzionale" (come lo ha definito il Ministro Tremonti): 12 tributi in gioco, 5 soggetti istituzionale per l'attuazione, 2 fondi di solidarietà previsti dalla Costituzione, 29 principi e criteri direttivi generali e circa 90 specifici, 18 decreti delegati (ipotizzabili) al netto delle modifiche ed integrazioni. Tutto ciò senza una Camera delle Regioni che regga i fini dei calcoli delle perequazioni, che controlli la tenuta finanziaria dei nuovi equilibri contabili e districhi la matassa delle funzioni.
DISUGUAGLIANZE TERRITORIALI
Secondo la Costituzione deve essere garantito il finanziamento integrale delle funzioni pubbliche attribuite ai Comuni, alle Province, alle Città metropolitane e alle Regioni.
Per i territori con minore capacità fiscale per abitante, il medesimo articolo ha previsto l'istituzione da parte dello Stato di un fondo perequativo.
La perequazione assolve ad un essenziale ruolo di bilanciamento della disponibilità di risorse economiche per il finanziamento delle funzioni fondamentali delle autonomie territoriali e locali, e per assicurare ovunque i livelli essenziali delle prestazioni.
Prevedere, come fa la riforma, una competenza regionale nella definizione ed erogazione delle risorse per la perequazione rischia di creare nuovi squilibri territoriali.