Prato aveva bisogno di questo ”apparente” ribaltone.


Socialmente abbiamo visto come la consistenza del voto e del non voto, oramai, faccia parte in modo indelebile dell'espressione democratica e come nuovamente nella lotta degli interessi il "popolo" prenda parte per determinare, non più con la clava, la vittoria di chi rappresenta - a torto o a ragione - il cambiamento. Inciso: concordo con Francesco Querci, con il quale oramai ho stretto un sodalizio, che l'eccesso dell'espressioni di questi giorni faccia parte del momento e debba essere inquadrato per darne il giusto peso, mentre a coloro che rappresentano una carica ed hanno un ruolo è richiesto maggior austero contenimento.

Se la piazza "popolare" in queste ore mostra eccessi, vanno osservati e non cavalcati, vanno compresi ma non seguiti. Politicamente è successo ciò che il mondo politico italiano tarda ancora a capire: la genesi politica si è fatta pluri-culturale e meno bi-polare. Paradosso, il mio, ma che rende ragione di una eterogeneità ristretta di diversità politiche nel quadro di alleanze che lottano fra di loro per l'alternanza.

Aveva ragione il mio caro ed amato Mariotto Segni, oggi tanto osteggiato, quando vide corretto la lotta per il maggioritario (di cui io, oggi, nutro distacco e guardo con occhio critico), perché avrebbe smarcato le energie sopite della società per il bene del Paese ed avrebbe consegnato ad una disputa politica più chiara e più capace di imporre rigenerazioni, rinnovi ed a volte cambiamenti. Il problema è e resta tutto nei partiti che non riescono ancora ad essere mediatori fra la società e il potere, ma quando la società civile esprime personaggi chiave, la politica dei partiti è messa sotto scacco.

Questo è stato merito anche del maggioritario. Prato aveva bisogno di questo "apparente" ribaltone. Seppur la cultura di Umberto Cecchi - in toto - non mi appartiene, riconoscono la necessità pragmatica per il bene di Prato e dello stesso PD - anima comunque di questo territorio - di una sonora sberla alla nostra "passata" classe dirigente che in questi ultimi dieci anni da mediatrice degli interessi si è fatto troppo portatrice di alcuni interessi, non ultimi quelli degli immobiliaristi. Gestri, come sta mostrando in queste ore, non può essere minimamente felice, perché la sconfitta di Masismo Carlesi ha messo un freno al rinnovamento interno del suo partito a partire dalla base pratese. Auspico un patto per Prato dove tecnici bi-partisan possano ricoprire ruoli istituzionali con l'appoggio delle maggioranze costituite. Prato e la sua Provincia necessitano di coraggio. A Cenni, almeno questo, può essergli riconosciuto, in parte per lo meno.

filippo boretti

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